19 novembre 2002

La Messa di Veneri

Suggestiva esecuzione in Cattedrale

E' stata un'occasione significativa e importante quella che ha portato alla prima esecuzione nella nostra città della Messa delle Dolomiti del parmigiano Giovanni Veneri, qui presente nella duplice veste di direttore e compositore. L'opportunità di ascoltare questa particolare partitura pensata - con considerevole originalità - per un organico orchestrale e coro montanaro trentino, è stata indotta dalla presentazione ufficiale, avvenuta sabato mattina, dei restauri che hanno interessato il Battistero e una parte considerevole degli affreschi del Duomo. In Cattedrale, dunque, di fronte a un pubblico decisamente numeroso - e dopo il lungo rituale di ringraziamenti rivolti agli sponsor dei restauri (Parmalat e Fondazione Cassa di Risparmio) e alle personalità pubbliche presenti - Veneri ha diretto nella sua città questa Messa, già debuttata con successo in altre città italiane in occasione dell'anno internazionale dedicato alle montagne indetto per il 2002 dall'Onu, qui interpretata dalle compagini corali di Sant'Ilario di Rovereto e Valle dei Laghi di Padergnone, affiancati dall'Orchestra del Teatro Regio di Parma. Ed è il primo incontro con la giovane formazione del nostro teatro che si concretizza per questo direttore, la prima, speriamo, di una serie di collaborazioni che auspichiamo in crescita se il risultato è l'affiatamento e la reattività dei giovani strumentisti che abbiamo potuto riscontrare in questa occasione. Lo stesso Veneri rivela come "questi ragazzi sono meravigliosi, attenti, precisi, appassionati, la loro motivazione è linfa vitale per un direttore attivo da tanti anni come me". Una sintonia efficace, dunque, che ha trovato lo stesso riscontro nell'integrazione con la compagine corale, caratterizzata da quell'impasto denso, caldo ma duttile e variegato che sgorga dalla preziosa e radicata tradizione dei cori montanari. Una tradizione che non a caso ha affascinato e coinvolto anche il grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli - impegnato come sappiamo con il celebre coro Sat di cui oggi lo stesso Veneri è attivo collaboratore - e del quale in apertura di concerto, tra gli altri canti che hanno alternato i due cori, sono state riproposte armonizzazioni di canti tradizionali come Entorno al foch e 'Ndormenzete popin. Un fluire di suono caldo e sorprendentemente espressivo che, prima di trovare il proprio adeguato compimento nella dimensione sacra della composizione liturgica, ha lasciato spazio all'orchestra e al soprano Tania Bussi, impegnati nell'efficace interpretazione di un'altra composizione di Veneri, Amina, non andare, oltre all'Ave Maria di Verdi nella strumentazione dello stesso direttore. E il gusto estremamente comunicativo, in cui si ritrovano le sonorità orchestrali della tradizione italiana della prima metà del Novecento - venata di un gusto timbrico e coloristico ben marcato, che rimanda a certe alchimie mahleriane o, meglio, smetaniane - ha segnato anche i cinque canonici momenti della Messa, riuscendo a rievocare una sacralità intensa e diretta anche attraverso l'equilibrio con il quale il caldo impasto corale ha saputo trovare una propria, adeguata dimensione. Una bella esperienza, dunque, sia per tutti gli interpreti impegnati, sia - a giudicare dal calore degli applausi - per il pubblico di Parma.

Alessandro Rigolli